mercoledì 5 dicembre 2012

ripristino continuità ecologica del po

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martedì 27 novembre 2012

Ricette:

Panzanella

Ingredienti:
Pane raffermo a fette
Aceto q.b.
Mentuccia  foglie
Sale q.b.
Olio q.b.

Esecuzione:
 Prendere le fette di pane e bagnarle in acqua, spruzzarle con l'aceto, aggiugere sale olio e foglie di mentuccia triturata fine e godersi il sapore di tradizione!

lunedì 26 novembre 2012

Legislazione:
AREE FLORISTICHE PROTETTE
Ai sensi dell’art. 7 della L.R. n. 52 del 20 dicembre 1974 Id. 90
BOSCO PELAGALLO
COMUNI: Monte Vidon Combatte
Superficie: ha 4,68 Perimetro: ZONA COLLINARE m. 1.484,65
QUOTA: da 156 a 163 m
CARTOGRAFIA: Tavoletta/e I.G.M. F° 125 – III S.E.
Carta top. derivata n° 314160
Istituzione: D.P.G.R. n. 73/97 B.U.R. Ed. Spec. N. 4 del 22.05.1997 Suppl. n. 30 del 22.05.1997
AMBIENTE
Lungo la parte mediana della Valle dell’Aso, in direzione del paese di Monte Vidon Combatte e della
Rocca Monte Varnine, nel terrazzo fluviale del versante orografico sinistro del fiume omonimo, è presente
una stretta fascia di vegetazione forestale, lunga circa 700 m contornata a Sud-Sud-Est dal letto del fiume e
in tutte le altre direzioni da campi coltivati. Il terreno pianeggiante si trova a circa 165 m di quota ed è
costituito da materiale alluvionale, terroso-sabbioso talvolta ciottoloso del periodo olocenico.
FLORA E VEGETAZIONE
Si tratta di un lembo di bosco planiziale abbastanza conservato, costituito da una fustaia disetanea a
Quercus robur ssp. robur con esemplari, talvolta di dimensioni veramente notevoli, che superano anche
l’altezza di 25 m e con un diametro basale del tronco che in molti casi supera il metro di larghezza.
Spostandosi in basso verso il letto del fiume segue un piccolo terrazzo ad un dislivello di circa 1,5 m dove si
è sviluppata a piccoli nuclei una vegetazione a pioppi (Populus tremula, P. alba, P. nigra) ad Alnus glutinosa,
a Salix sp. pl., ad Arundo donax e Typha latifolia. Nel bosco a Quercus robur ssp. robur si trovano altre
specie arboree come Carpinus betulus, Fraxinus angustifolia, Corylus avellana e Ulmus minor. Il sottobosco
è caratterizzato da un fitto strato arbustivo di Ligustrum vulgare, Euonymus europaeus, Crataegus
monogyna e altre. Nello strato erbacea tra le specie più significative si ricordano Limodorum abortivum,
Listera ovata, Carex pendula, Salvia glutinosa e Buglossoides purpurocaerulea. In generale la vegetazione
dell’area sopra descritta si presenta di difficile inquadramento fitosociologico per la scarsa estensione del
lembo residuo, per il grado di antropizzazione e per l’impossibilità di confronto con altre stazioni analoghe
della costa adriatica.
INTERESSE BOTANICO
Nelle pianure alluvionali dei fiumi marchigiani la vegetazione forestale originaria è stata ovunque
distrutta dall’uomo per favorire le colture agrarie e, di tutto il territorio regionale, questa vegetazione
rappresenta l’unico frammento relitto.
UTILIZZAZIONE DEL TERRITORIO
Il bosco, di proprietà privata, è adibito a scopo venatorio, infatti qua e là numerosi sono i capanni
costruiti per la caccia. La sua conservazione è dovuta proprio a tale motivo.
Oche a San Pietroburgo 26 settembre 2012 (foto Anastasia Nicu)

mercoledì 21 novembre 2012

Riserve naturali:
AREE FLORISTICHE PROTETTE
Ai sensi dell’art. 7 della L.R. n. 52 del 20 dicembre 1974 Id. 88
COLLINA LA CUPA
COMUNI: Pedaso
Superficie: ha 40,00 Perimetro: ZONA LITORANEA m. 4.057,31
QUOTA: da 20 a 137 m
CARTOGRAFIA: Tavoletta/e I.G.M. F° 125 – II N.O., F ° 125 – II N.E.
Carta top. derivata n° 315100, 315110
Istituzione: D.P.G.R. n. 73/97 B.U.R. Ed. Spec. N. 4 del 22.05.1997 Suppl. n. 30 del 22.05.1997
AMBIENTE
Il bosco «La Cupa» è situato sulle pendici della Contrada La Cupa, che rappresenta le ultime propaggini
del versante orografico di destra della Valle dell’Aso. Si tratta di una fascia di bosco molto estesa che dal
Monte Serrone si estende fino alla prossimità del mare a ridosso del paese di Pedaso. La fascia in media è
compresa fra 20 e 80 m di quota, raggiungendo nel punto più alto 137 m di altezza; si estende quasi per una
lunghezza di due chilometri e le sue pendici, con pendenza talvolta notevole, sono completamente rivolte a
Nord-Ovest. Geologicamente il terreno è rappresentato da formazioni plioceniche prevalentemente di tipo
sabbioso.
FLORA E VEGETAZIONE
Sopra il paese di Pedaso, nel tratto rivolto verso il mare, la vegetazione è costituita da un
ampelodesmeto con Coronilla valentina ssp. valentina che qua e là presenta esemplari di Pinus halepensis e
di Quercus ilex. Verso l’interno della Valle dell’Aso si sviluppa un bosco ceduo con matricine d’alto fusto; tra
le specie arboree e arbustive più significative si ricordano: Carpinus betulus, C. orientalis, Ulmus minor,
Laurus nobilis, Quercus robur ssp. robur, Corylus avellana, Ligustrum vulgare; tra le liane: Smilax aspera,
Clematis vitalba e Hedera helix. Nella parte più elevata del versante, in piccole radure è presente Pinus
pinaster.
INTERESSE BOTANICO
Dal punto di vista botanico tale area presenta un duplice interesse. In tutto il litorale marchigiano, il
bosco La Cupa, dopo la lecceta del Monte Conero, costituisce la formazione forestale più estesa e meglio
conservata. L’altro aspetto interessante è dato dalla presenza di Coronilla valentina ssp. valentina, specie
rara che si trova nei tratti più degradati caratterizzati da Ampelodesmos mauritanicus.
UTILIZZAZIONE DEL TERRITORIO
Il bosco è sottoposto a continui tagli.
Fiume Tenna



Glaucium flavum (papavero delle sabbie)



Riserve naturali:
AREE FLORISTICHE PROTETTE
Ai sensi dell’art. 7 della L.R. n. 52 del 20 dicembre 1974 Id. 87
COLLINA APRUTINA A NORD DI PEDASO
 COMUNI: Altidona
Superficie: ha 16,30 Perimetro: ZONA LITORANEA m. 3.088,18
QUOTA: da 20 a 57 m
CARTOGRAFIA: Tavoletta/e I.G.M. F° 125 – II N.O., F ° 125 – II N.E.
Carta top. derivata n° 315060, 315070
Istituzione: D.P.G.R. n. 73/97 B.U.R. Ed. Spec. N. 4 del 22.05.1997 Suppl. n. 30 del 22.05.1997
AMBIENTE
L’area in oggetto comprende il canalone a Nord della «Contrada Aprutina» che defluisce verso il mare
con andamento perpendicolare alla linea di costa e buona parte della duna fossile che, dal canalone stesso,
si estende parallelamente al litorale, verso Sud, fino all’altezza di Villa Montana. Geologicamente il terreno è
costituito da sabbie giallastre in parte cementate, marino litoranee, talora ghiaioso-ciottolose, fossifere di età
pleocenica. Il canalone è costituito da pareti silicee umide e stilicidiose, con evidenti fenomeni stalattitici e
stalagmitici.
FLORA E VEGETAZIONE
Nella parte alta del canalone e lungo la scarpata della duna fossile la vegetazione è costituita da
esemplari secolari di Quercus robur ssp. robur e Pinus halepensis, con Ampelodesmos mauritanicus e
arbusti di Erica arborea e Spartium junceum nelle radure. All’interno del canalone si rinviene Laurus nobilis,
Populus alba, Ficus carica e Sambucus nigra.
INTERESSE BOTANICO
Il canalone e la scarpata adiacente hanno permesso la conservazione di una piccola area relitta di
bosco mesofilo che, nonostante il grado di antropizzazione, ospita specie come Laurus nobilis e Adiantum
capillus-veneris che raramente si rinvengono allo stato spontaneo.
UTILIZZAZIONE DEL TERRITORIO
Il territorio si trova subito a monte dell’autostrada, rimane pertanto isolato dalla restante zona litorale, e non presenta allo stato attuale nessuna forma di sfruttamento.

martedì 20 novembre 2012

Personaggi:
Gregor Mendel

Gregor Johann Mendel (Hincice 1822-Brno 1884), è considerato il padre della moderna genetica per le sue osservazioni sui carateri genetici.
Figlio di contadini si dedicò al giardinaggio, ma non potendo studiare per questioni econimiche decise di entrare in un convento di agostiniani, lì oltre alla preghiera riuscì a dedicarsi alle sue discipline preferite:matematica e biologia nelle quali si laureò. Dopo l'ordinazione a sacerdote iniziò ad insegnare e lì conobbe altri studiosi del calibro di Von Ettingshausen e Unger con i quali ebbe scambi intellettuali.
Fin da giovane egli pensava che : "le forze della natura agiscono secondo una segreta armonia, che è compito dell'uomo scoprire per il bene dell'uomo stesso e la gloria del Creatore", questo lo portò ad applicarsi con metodo fino ache riuscì ad evincere 3 famose leggi: 
  •  Legge della dominanza: gli individui nati dall'incrocio tra due individuiomozigoti che differiscono per una coppia allelica, avranno il fenotipo dato dall'allele dominante. Con significato più ampio rispetto al lavoro di Mendel, può essere enunciata come legge dell'uniformità degli ibridi di prima generazione. 
  •  Legge della disgiunzione: ogni individuo possiede due fattori per ogni coppia di alleli, uno paterno e uno materno.Quando si formano i gameti i fattori si dividono e ogni gamete possiede uno solo dei fattori.   
  •   Legge di indipendenza dei caratteri: gli alleli posizionati su cromosomi non omologhi si distribuiscono in modo casuale nei gameti.

    Ricordiamo 2 sue opere: Saggio sugli ibridi vegetali 1866, Saggio su alcuni incroci di Hieracium ottenuti da fecondazioni artificiali 1869.


     
Ricette:
Coniglio al forno

Ingredienti: 
 2 spicchi di aglio
3 foglie di alloro
1.2 kg coniglio
qb Olio Extravergine di oliva
80 g pancetta affumicata
800 g patate
qb pepe,sale
1 ramoscello di  rosmarino
6 foglie di salvia
.5 bicchieri di vino bianco

Esecuzione:
  Lavate con cura le patate, pelatele e tagliatele a tocchetti non troppo piccoli. Sbucciate gli spicchi d'aglio. Tritate grossolanamente le fettine di  pancetta. Versate l'olio in una pirofila, unite l'aglio e fatelo leggermente rosolare, poi eliminatelo. Scaldate il forno.
 Unite le foglie di alloro(dopo averle sciacquate), la pancetta tritata e i pezzi di coniglio. Insaporite la carne  con una presa di sale e una macinata di pepe, fatela rosolare, versate il vino e lasciatelo evaporare a fuoco vivo. Quindi abbassate la fiamma, aggiungete le patate e cospargete il tutto con la salvia e il rosmarino lavati e tritati.
 Mettete la pirofila nel forno caldo e cuocete la preparazione per circa 45 minuti, girando delicatamente di tanto in tanto le patate e i pezzi di coniglio con una paletta; trascorso questo tempo, alzate la temperatura del forno e continuate la cottura ancora per 15 minuti. Togliete coniglio e patate dal forno, sistemateli su un piatto di portata prima scaldato e servite subito, ben caldo.

lunedì 19 novembre 2012

Riserve naturali:
AREE FLORISTICHE PROTETTE

Ai sensi dell’art. 7 della L.R. n. 52 del 20 dicembre 1974 Id. 86
COLLINE A SUD DI PONTE S. BIAGIO 
 COMUNI: Altidona
Superficie: ha 5,53 Perimetro: ZONA LITORANEA m. 1.004,38
QUOTA: da 20 a 82 m
CARTOGRAFIA: Tavoletta/e I.G.M. F° 125 – II N.O., F° 125 – II N.E.
Carta top. derivata n° 315060
Istituzione: D.P.G.R. n. 73/97 B.U.R. Ed. Spec. N. 4 del 22.05.1997 Suppl. n. 30 del 22.05.1997
AMBIENTE
Si tratta di un colle litoraneo situato in contrada S. Biagio immediatamente a Sud del ponte omonimo. Il
colle raggiunge un’altezza di 82 m di quota, dista circa 200 m dal mare e presenta un substrato costituito da
sabbie giallastre, marino-litoranee, talora ghiaioso-ciottolose e fossifere del periodo pliocenico.
FLORA E VEGETAZIONE
La vegetazione è costituita soprattutto da Ampelodesmos mauritanicus e da Coronilla valentina ssp.
valentina, che riveste prevalentemente il versante Nord della piccola collina; essa rappresenta uno stadio di
degradazione della macchia mediterranea, di cui rimangono a testimonianza parecchi residui scheletrici di
alberi distrutti a seguito di un incendio. A tratti sono presenti anche piccole specie arbustive mediterranee
come Erica arborea, Osyris alba, Cistus incanus e Rhamnus alaternus e piccoli rari esemplari di Pinus
halepensis e di Quercus cfr pubescens.
INTERESSE BOTANICO
Pur rappresentando degli aspetti degradati l’area riveste un notevole interesse botanico per la presenza
di una specie rara la Coronilla valentina ssp. valentina che si sviluppa nelle parti più scoscese della collina.
UTILIZZAZIONE DEL TERRITORIO
La collina non è sottoposta ad alcuna utilizzazione.

mercoledì 14 novembre 2012

martedì 13 novembre 2012

Riserve naturali:
AREE FLORISTICHE PROTETTE
Ai sensi dell’art. 7 della L.R. n. 52 del 20 dicembre 1974 Id. 85
BOSCHETTO DI CUGNOLO
PROVINCIA DI FERMO, COMUNI: Fermo
Superficie: ha 5,20 Perimetro: ZONA LITORANEA m. 1.693,35
QUOTA: da 50 a 100 m
CARTOGRAFIA: Tavoletta/e I.G.M. F° 125 – II N.O., F ° 125 – N.E.
Carta top. derivata n° 315060
Istituzione: D.P.G.R. n. 73/97 B.U.R. Ed. Spec. N. 4 del 22.05.1997 Suppl. n. 30 del 22.05.1997
AMBIENTE
Il boschetto di Cugnolo (così da noi denominato poiché situato nella Contrada omonima) si trova tra il
fosso a Sud del paese di Torre Palme e il Fosso del Molinetto. Si sviluppa lungo un tratto di duna fossile
(compresa tra 60 e 110 m di quota) costituito prevalentemente da sabbie giallastre, marine litoranee, talora
ghiaioso-ciottolose del Pliocene. Esso forma una fascia più o meno parallela alla linea di costa) lunga circa
450 m, distante dal Mare Adriatico circa 400 m, con accentuata pendenza del suolo.
FLORA E VEGETAZIONE
Si tratta di un piccolo boschetto relitto, di macchia mediterranea, completamente circondato da coltivi, in
prevalenza abbandonati, governato a ceduo con matricine di notevoli dimensioni e querce secolari isolate.
La vegetazione arborea e arbustiva presenta una composizione abbastanza eterogenea costituita da
Quercus ilex, Q. robur ssp. robur, Carpinus betulus, Fraxinus ornus, Ulmus minor, Laurus nobilis
(naturalizzato e abbondante), Arbutus unedo (con esemplari il cui fusto raggiunge i 30 cm di diametro) e
Viburnum tinus; frammisti a queste specie si trovano diversi elementi lianosi come Smilax aspera, Tamus
communis, Rubia peregrina e Hedera helix. Nello strato erbaceo rilevante è la presenza di Limodorum
abortivum.
Si tratta di un bosco di leccio che, pur essendo situato a ridosso del mare, per la presenza di specie
mesofile come Carpinus betulus, Quercus robur ssp. robur e Laurus nobilis, si inquadra nelle leccete di tipo
mesofilo.
INTERESSE BOTANICO
Il boschetto di Cugnolo rappresenta uno dei pochi lembi residui di vegetazione mediterranea del litorale
marchigiano dove si trovano nel sottobosco anche alcune specie vistose come Limodorum abortivum.
UTILIZZAZIONE DEL TERRITORIO
Il boschetto è sottoposto a taglio ceduo con turni periodic
Ricette:
            Insalata di funghi cotti

ingredienti:
600 g di funghi misti
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
1 cipollina tritata
1/2 limone spremuto
4 cucchiai di olio extraa vergine d'oliva
sale e pepe q.b.

esecuzione:
Pulire i funghi, lavarli e tagliarli grossonalamente, versarli in una pentola con acqua bollente salata, lessarli, scolarli e lasciarli raffreddare. In una insalatiera condirli con l'olio, il succo di limone, la cipolla, sale, pepe e prezzemolo. Mescolare e portare a tavola.    

Calamintha nepeta

lunedì 12 novembre 2012

Prunus spinosa

Prunus spinosa

Prunus spinosa

cucciolo striato di Sus scrofa (cinghiale) trovato in mezzo ad un sentiero
Asparagus officinalis

Asparagus officinalis

Apis mellifera (Ape del miele)  in volo verso un Borago officinalis (Borraggine comune)

Apis mellifera (Ape del miele) intenta nel suo lavoro su di un Borago officinalis (Borraggine comune)

Personaggi:
                  Linneo

Carl Nilssoon Linnaeus (Rashult 1707-Uppsala 1778) è considerato il padre della classificazione scientifica degli esseri viventi.
Conosciuto dai più con l'italizzazione del suo nome: Linneo.
Tra le opere più conosciute troviamo: Systema Naturae, Species Plantorum, Fungus melitensis, Fondamenta Botanica, Classes plantorum, oltre a numerosi altri saggi e monografie.

Il suo più grande contributo alla scienza è stata la "classificazione binomiale", basata sul modello aristotelico del genere prossimo e differenza specifica, con questo metodo tassonomico concepito da Bauhin si attribuisce ad ogni organismo vivente 2 nomi in forma latina, uno che identifica il genere e l'altro la specie.
Paesaggi nostrani

sabato 10 novembre 2012

crepuscolo fermano

Per aspera ad astra ......ovvero come una semplice camminata nei fossi risollevi il morale

Esperienza nostrana:
Per aspera ad astra ......ovvero come una semplice camminata nei fossi risollevi il morale.

Vi è mai capitato di alzarvi la mattina e iniziare subito la lotta contro tutto e tutti?? un' avversità dietro l'altra...dallo scendiletto che si attorciglia al piede, all'acqua per lavarsi il viso troppo fredda e subito dopo bollente....beh questa è stata una giornata del genere.Cosa fare in giorni come questo?? beh o diventi verde dalla rabbia come Hulk andando in giro a maledire il resto dell'umanità, o se sei franco dal lavoro, allacciati bene gli scarponi, mettiti un paio dei peggiori pantaloni lunghi a disposizione, la maglietta forata dalle precedenti arrabbiature fumettistiche, possibilmente una macchina fotografica e via nel primo fosso a disposizione.Già la tua mente ed il tuo corpo si rilassano inizi a non pensare ma a percepire, osservare, imparare cose che l'uomo ha sempre saputo ma che questa generazione ha dimenticato, un mondo migliore, un mondo adatto all'uomo... inizi a pensare...inizi ad arrabbiarti per lo scarico fognario a cielo aperto...proprio in quell'istante..... inciampi in una zolla rischiando di slogare la caviglia...così ricominci a non pensare, a percepire ed ecco lì una libellula e pensi??qui nel detersivo??che ci fa??? ed ecco una nuova zolla che ti ricorda dove sei...vai avanti, termini la discesa trovi un argine facilmente guadabile e salti, prosegui la tua traversata osservandoquanto sia secca la terra pur essendo novembre, ti viene una lacrima percependo la sete della tua terra, poi senza fermarti vedi una pianta nascere proprio sopra una cingolata di trattore.sparisce la lacrima. Arriva il primo sorriso della giornata. Un solo attimo che l'uomo industriale si distrae e la natura riprende il suo corso naturale. Bene prosegui con spirito più gioioso, ed il fiato sempre più corto per l'asperità del terreno e la faticosa salita, ma ecco che termina inizia un sentiero nato sui resti della vecchia ferrovia oramai abbandonata, passano i minuti non senti più la voglia di imbracciare un mitra contro il vicino di casa ...ma anzi, lì proprio lì.... delle bellissime farfalle arancioni ed altre azzurre ed ancora bianche formare un bel gruppo colorato fra i rovi e le rose canine...non hai un specchio ma sai che il sorriso non è ancora andato via, fai le prime foto e avanzi... superi una strada secondaria e subito scavalcato il crinale t'incammini in una nuova vellecola, gli ulivi ben allineati nei pressi delle case formano uno schieramento da coorte romana, belli, maestosi, utili, grazie.... continui il cielo è terso, sospiri ma non di stanchezza ma di pace... poi ecco un rumore...non ci si può distrarre, il tuo incedere a fil di argine per non rovinare il seminato altrui ha spaventato uno stormo di passere d'Italia che avevano trovato riparo in un arbusto bello folto... iniziano a far male le gote, il tuo sorriso sarà una paresi??? seguendo come stregato i movimenti di un'ape che ha trovato svariati fiori da cui prendere il prezioso polline, t'imbatti in qualcosa che ti cambia d'umore... pochi secondi e vedi un sentiero...un sentiero?? bello dritto, battuto ben bene ed alto poco più di 40 cm.... mmmmmmmmm cinghiale??? no troppo vicino alle abitazioni mmmmm sarà mica??.... ed ecco là la tana di tasso più grande mai vista prima... 3 uscite larghe mezzo metro ed alte almeno 30-40cm, da ognuna si diramano 2 sentieri ben battuti, poco distante dall'ingresso una latrina di ben oltre 30 cm di altezza, 2-3 foto di rito e via alla massima velocità consentita dal terreno. Dato un discreto vantaggio alla sventurata creatura che poteva imbattersi in un prode guerriero piceno..... (vabbeh dai sognare non si paga)... il sottobosco s'infittisce, i prugnoli ti pungono, le rose s'intracciano nei pantaloni... un'ottima situazione...la solita situazione per chi cerca asparagi o funghi...che ecco un frullìo di ali... ti spaventi un attimo poi osservi...un assiolo!!!! ma che ci fa in giro di giorno??? si stava nutrendo di un piccione, 2 foto al pasto (da me offerto dato che oramai ero nel terreno di proprietà dei miei genitori, che tra le altre cose allevano piccioni) e prosegui uscendo così da sottobosco, scoprendo così il perchè il rapace notturno era già in movimento.... è il crepuscolo.Torni così alacremente indietro, quasi di corsa...i tassi escono al calar del sole... ormai stanco sporco e felice torni a casa, ma quest' avventura nostrana non era ancora conclusa, madre natura aveva per te un altro spettacolo da offrire. Una poiana sopra un pioppo vola via spaventata dal passo felpato, da hobbit se preferite, (si si d'accordo pesante da rinoceronte) e scappa lontana verso ovest, la osservi e pochi secondi dopo, lontana dall'altra parte del colle una seconda poiana spicca il volo, la carica (si dice così per i volatili???) puntando su di lei con velocità incredibile, virando con gli artigli protesi in avanti verso la rivale all'ultimo secondo possibile.....
Il cammino è concluso, la pace di nuovo nel cuore aspettando una nuova avventura al cospetto di questo bellissimo posto che chiamiamo: Terra!
Un albero di grande utilità in campagna sia per tenere gli argini dei fossi che per l'intreccio dei cesti
Salix viminalis (salice comune)

una nuova primavera...buona notizia?? io credo di no!
Medicago sativa (erba medica) e Coccinella septempunctata (coccinella comune)
Garzette (Egretta garzetta) 
in volo sul fiume Tenna
Esperienze antiche:
                               
Estratto dal Bollettino del Club Alpino Italiano, vol: XX, n.35, anno 1887 ad opera di Bruno Bravetti autore di “Giambattista Miliani (1856 – 1937 ) imprenditore, uomo politico, alpinista, speleologo, ambientalista, viaggiatore”, edizioni “ affinità elettive”, Ancona.
 
Il fascino dei Monti, la magia della Sibilla. 1887: Giambattista Miliani compie un’escursione sui Sibillini. E la descrive
“…Se si prende Visso per il punto di partenza, adoperando il mulo, o fidando su un buon paio di gambe, in tre giorni si riesce a salire le cime principali del gruppo; e con un quarto giorno a goderne il magnifico panorama da uno o più diversi punti dei contrafforti, che lo prospettano. Il primo giorno converrebbe partire assai di buon mattino per fare l’ascensione del Monte Rotondo (m.2103) che è la punta più elevata del gruppo al nord. Volendo, sarebbe interessante di salire prima Monte Bove, che è notevole per la sua conformazione semicircolare, e che, tutt’al più, potrebbe far ritardare di un’ ora e mezzo l’arrivo sulla cima di Monte Rotondo.

Questo monte, come in certo modo lo indica pure il suo nome, si differenzia dagli altri del gruppo per essere privo di scogli, e senza i ripidissimi pendii del Vettore e della Sibilla.
Il giorno che io ascesi codesta cima il cielo era fosco, spesso pioveva, e le nebbie strisciavano sui monti all’intorno; così l’occhio poco poteva spaziare, e a stento si scorgevano a nord ovest le colline degradanti della Marca Marittima e la linea nera dell’Adriatico. Rispetto alla loro posizione, guardando da questo punto le giogaie maggiori del gruppo,  Vettore e Sibilla, la linea magnetica passa loro per mezzo, ed offrono una veduta imponente e severa, più che da altre parti da cui vengano osservate. Nel discendere ( oltre che per fare una via diversa da quella tenuta al mattino) gioverà di traversare Pian di Pao lasciandosi a destra l’altipiano di Cupi (m.925 ) per visitare il celebre tempio di Macereto…
Da questo punto, per una strada relativamente comoda, si discende al villaggio detto Appennino, presso cui si incontra la via provinciale che conduce a Visso, dove, se non si è perduto molto tempo durante la giornata, si può giungere innanzi sera.
Il mattino seguente, volendo ascendere il Vettore, bisogna levarsi assai per tempo e prendere la via che, passando per la valle del Nera,  sale poi per Sant’Angelo e Gualdo, alla Madonna detta della Forca dove, allo sguardo fino a quel punto rimasto racchiuso in angustissime valli, si offre, con grata sorpresa l’ampia ed inaspettata veduta del piano di Castelluccio.
Veramente magnifico lo spettacolo di tale pianura, posta a più di 1400 metri sul livello del mare,  in mezzo un colle, sulla cui cima sorgono case da formare un villaggio, ed all’intorno alti monti, lassù diventati colline, quasi a rendere omaggio al grande colosso del Vettore, che domina all’ est tutto il vasto bacino.
Era un bel mattino di settembre e si era da poco levato il sole, quando io arrivai la prima volta in vista del piano di Castelluccio.
Più che per riprendere lena, mi soffermai alquanto per contemplare la magnifica veduta che mi si spiegava d’innanzi, fatta più viva dagli ultimi giorni della mietitura, e dalle molte persone aggruppate intorno alle aie improvvisate sul verde dei prati, ed intente a careggiare ed ammucchiare i covoni.
Anche quando ebbi ripreso a camminare, non potei levare gli occhi da questo bellissimo piano, fino a che non giunsi sulla cima del Vettore (m. 2477 ) sei ore  mezzo dopo che ero partito da Visso. Più fortunato del giorno precedente, di lassù, potei godere la veduta magnifica che sottostà all’intorno di questo gigante dei Sibillini.
Tutta illuminata dal sole, si spiegava ad est, la bellissima provincia d’Ascoli, mentre perduti fra la caligine, in apparenza assai lontani si scorgevano i monti di Fabriano ed il gruppo del Catria, dall’altra parte, fra le nubi, ma sul fondo turchino del cielo, risaltavano a distanza le aspre giogaie del terminillo e del Gran Sasso. Rimasi circa un’ora a contemplare l’immenso panorama con grandissima soddisfazione e poi, percorrendo il gran semicerchio avvallato che separa la cima del Vettore da quella del Petrara, che è il punto più elevato, mi diressi a quella volta. Oltrepassata di poco la cima del Vettore, percorrendo la cresta, in fondo a valle, a sinistra si scorge il lago di Pilato che, in estate, come quando lo vidi io, ha forma di occhiali.
In tutta questa valle, nei luoghi più riparati dal sole, esistono depositi di neve, che assai di rado sgelano completamente in estate.
Ritornando indietro pel medesimo cammino, discesi avanzando sino a Forca Viola, che sta tra Vettore e Sibilla, con l’intenzione di far sosta in qualche stazzo. Ma avendo saputo da un buttero che non ve n’erano in vicinanza, e che, non potendo fermarmi dove mi trovavo per essere senza sufficienti provvisioni da bocca e senza un mantello per dormire all’aperto a più di  2000 metri sul livello del mare, decisi di scendere a Castelluccio, da dove la mattina seguente sarei ripartito prima di giorno per salire il Sibilla. Così anche consiglierei di fare, a chi avesse intenzione di compiere lo stesso giro del quale sto parlando.
Il paesello di Castelluccio che, riguardandolo dall’ampio bacino su cui domina, dal Vettore, o da qualcuno dei monti all’intorno, offre sempre un aspetto pittoresco, e, veduto da vicino e massime nell’interno, è brutto, lurido ed antipatico così da non potersi ridire. I vicoli angustissimi, e per lunghi tratti coperti, le comunicazioni interne fra le case vicine, sono caratteristiche di questo villaggio, esposto per la sua altitudine, e per la sua posizione in mezzo ad un gruppo di monti, alla lunghezza ed ai rigori di un inverno, che non è quello normale delle nostre regioni.
Una veduta incantevole godei la sera dalla finestra della stamberga in cui dovevo dormire. Era una delle più belle notti di settembre, un plenilunio sereno irradiava della sua calma luce l’ampio bacino, su cui domina minacciosa la grande e nera mole del Vettore. Intanto un sottile ed ondulato strato di nebbia posava sul piano sottoposto, e con l’effetto di luna, e la circostante corona di colli, ridava al vero l’aspetto di un lago, in mezzo a cui come una isoletta perduta, sorgeva il povero villaggio di Castelluccio. Ed io volentieri riandavo, guardando, alle epoche remotissime, in cui veramente le acque dovettero coprire quel piano, perchè quel lago pareva incantato, come le cose lontane che ci dipinge la fantasia.
Qua e là tremule macchie di una luce roggia facevano  strano contrasto col cinereo colore dei placidi flutti. Erano i fuochi che ardevano nell’aie improvvisate, ed attorno ai quali ciarlando e cantando, sedevano uomini e donne che, dimentichi delle fatiche del giorno, s’allegravano, per quelle liete feste campestri, a cui da sempre è occasione la mietitura.
Non so per quanto rimasi a contemplare quell’attraente spettacolo, ma certo per un non breve tratto di tempo, perché quando me ne ritrassi, la gran parte di quelle macchie di luce rossastra erano sparite, indicandomi che la lieta brigata che le faceva risplendere era stata presa dal sonno.
Anch’io vinto da una forte stanchezza, mi gittai sul letto e dormii, sino a che non vennero a svegliarmi, due ore prima del giorno.
Per la via stessa fatta scendendo dal Vettore, mi diressi a Forca Viola, d’onde poi seguendo un facile sentiero, e girando sempre a sinistra pel versante orientale, arrivai ben presto sulla estrema punta sud del monte Sibilla, che è la più alta.
L’escursione potrebbe essere finita, ma io la prosegui camminando per tutta la cresta sino alla estrema punta nord dello stesso monte. Senza essere molto pericolosa, in alcuni punti, la cresta si stringe d’assai , lasciandosi al disotto, per parecchie centinaia di metri, pendii quasi a picco, che fanno provare, guardandoli di lassù, una certa emozione di soddisfacimento, a chi, senza soffrire di vertigini, ha la passione delle montagne.
Da questo picco che è il più centrale del gruppo, si può abbracciare d’un colpo d’occhio tutto l’insieme dei monti Sibillini, e formarsene un’idea abbastanza chiara, che rimane caratteristicamente impressa nella memoria.
Da nord-est a nord-ovest Punta della Regina ( m.2333 ), monte Rotondo, monte Bove, ed indietro, quasi ad est, monte Tre Vescovi; tra sud e sud-est,  Vettore e Petrara: i principali insomma del gruppo in tutte le più spiccate particolarità della loro struttura.
 Poi ritraendo lo sguardo, che, dalle montagne all’intorno, con sentimento di piacere va a riposarsi sul lontano  orizzonte, e abbassandolo di nuovo si resta come affascinati dal vuoto che si apre sotto i piedi, o che si guardi ad ovest nel burrone di San Bernardo o che si rivolga ad est in quello di Force, sprofondandosi l’uno e l’altro per forse più di un migliaio di metri da quella cima.
Chi si avanza ancora per la cresta, dopo quel punto discende rapidamente, percorsi appena duecento metri sul versante est, trova la famosa grotta delle Fate, altrettanto meschina per quanto celebre.
Corrono su questa grotta (oltre la nota leggenda della Sibilla che l’abitò in antichissimi tempi, e da cui prese il nome questo gruppo di monti), le solite tradizioni di tesori nascosti, di spiriti infernali che li custodiscono, e quella particolare di conservare incisi sulla pietra, in caratteri che nessuno mai ha potuto decifrare, i responsi della Sibilla.
Lasciando il resto, rispetto alle iscrizioni che realmente esistono e che con grande pazienza ho copiato nella loro forma genuina, posso dire che il mio tempo fu male impiegato, perché evidentemente le lettere leggibili mostrano di non essere anteriori al secolo decimoquinto, e, se alcuni sgorbi, non sono, come io pensavo di pastori o di gente che sapeva malamente scrivere è impossibile attribuire ad essi un significato più misterioso di quello che può darsi ad una lettera, o ad una sillaba di parola di cui le precedenti e seguenti lettere o sillabe, siano state cancellate o soppresse.
Del resto la grotta è di nessuna importanza; tutto e per tutto si riduce ad una caverna di forma pressochè circolare di pochi metri di diametro. Le iscrizioni di cui ho fatto parola, e qualche data, come quella del 1547, sono incise sul calcare all’intorno, e sopra la bassissima entrata della grotta.
Un’altra leggenda assai in voga fra i pastori di quei monti, è quella della dimora che vi fece Guerrino detto il Meschino, per scontarvi i suoi peccati, secondo alcuni, o secondo altri, alla ricerca della maga Alcina, che aveva l’ingresso del suo mondo incantato in una spelonca del monte Sibilla, e, a detta dei pastori, precisamente nella grotta delle Fate. Comunque sia, prendono il nome dal Meschino una fontana delle cui acque dicono che egli si dissetasse, e un lungo tratto di monte dove dimorò o si aggirò, uccidendo serpenti, mostri, e belve feroci che allora cessarono di infestare la contrada. A tale tradizione diede certo origine, e da corpo anche oggi tra i pastori, la “Storia delle grandi imprese e vittorie di Guerrino detto il Meschino riportate contro i Turchi”, in cui, tra le altre cose, si narra la visita che egli fece “dell’abitazione dell’incantatrice che si trova nelle montagne in mezzo dell’Italia donde poi andò a Norsa, indi a Roma”.
Da qui, prendendo un sentiero attraverso gli scogli, si discende verso Frondosa, località, dove stanziano l’estate i pastori, e donde risalendo verso la cima sud-ovest del monte Sibilla, e poi volgendo a sinistra, per il sentiero che tocca Passo cattivo, in meno di quattro ore si può fare ritorno a Visso.
Il mattino appresso gioverebbe, come ho già detto, di salire qualcuno dei monti che prospettano il gruppo principale, per mio conto, scelsi il monte Fema ( m.1573 ). Da questa montagna di calcare rosso, il gruppo principale dei Sibillini, da monte Rotondo al Vettore si spiega tutto d’innanzi facendo in mezzo al gran quadro bella mostra di se, con la sua originale struttura, monte Bove.
Io credo che chiunque abbia disponibile una mezza giornata, si troverà contento di avere seguito tale consiglio, e porterà con se una più chiara e duratura impressione di questo interessantissimo gruppo dell’Appennino centrale.”


venerdì 9 novembre 2012

IN ITINERE PER COLONIAS ROMANAS

Iniziativa:
                In Itinere per Colonias Romanas

Dopo la sperimentazione effettuata durante l'anno oramai agli sgoccioli parte ora l'iniziativa sportivo/culturale In Itinere per Colonias Romanas.
L'evento consiste in più giornate non consecutive nelle quali si camminerà attraverso strade secondarie o poco battute o sentieri partendo da una colonia romana fino ad arrivare ad un'altra, una volta sul posto si visiteranno edifici romani e musei archeologici. Ci accompagnerà un Dottore in archeologia che ci illustrerà bene la città ed i reperti a cui faremo visita.
La prima tappa che si effettuerà alle ore 8:30 del 1 dicembre 2012 sarà Firmum Picenum (Fermo)- Falerius Picenus (Falerone) 23 km di sostanziale pianura, difficoltà bassa, durata 5/6 ore più il tempo necessario per le visite.
Per informazioni ed adesioni emanueleluciani1979@gmail.com  
Leontopodium nivale (Stella appenninica) 
insieme ad una 
Coccinella settempunctata (Coccinella comune)
sul Monte Porche 2233 m s.l.m.

Legislazione:
                     Legge forestale regionale (Marche) n.6 del 23 Febbraio 2005

Nel territorio della regione sono protetti gli alberi ad alto fusto, isolati,in filare o a gruppi appartenenti alle seguenti specie:

  • Cipresso comune, Cupressus sempervirens
  • Pino domestico,Pinus pinea
  • Pino d'Aleppo, Pinus halepensis
  • Abete bianco, Abies alba
  • Tasso, Taxus baccata
  • Leccio, Quercus iles
  • Farnia, Quercus robur
  • Cerro, Quercus cerris
  • Cerrosughera, Quercus crenata
  • Rovere, Quercus petrae
  • Roverella, Quercus pubescens
  • Castagno,Castanea sativa
  • Faggio, Fagus sylvatica
  • Carpino bianco, Carpinus betulus
  • Carpinella, Carpinus orientalis
  • Carpino nero, Ostrya carpinifolia
  • Acero campestre, Acer campestre
  • Acero napoletano, Acer obtusatum
  • Acero opalo, Acer opalifolium
  • Acero di monte, Acer pseudoplatanus
  • Acero riccio, Acer platanoides
  • Tiglio, Tilia platyphillos
  • Albero di Giuda, Cercis siliquastrum
  • Frassino maggiore, Fraxinus excelsius
  • Frassino ossifillo, Fraxinus angustifolia
  • Orniello, Fraxinus ornius
  • Olmo campestre, Ulmus minor
  • Olmo montano, Ulmus glabra
  • Bagolaro, Celtis australis
  • Ciliegio canino, Prunus mahaleb
  • Sorbo domestico, Sorbus domestica
  • Ciavardello, Sorbus terminalis
  • Sorbo montano,Sorbus aria
  • Sorbo degli uccellatori, Sorbus aucuparia
  • Ontano nero, Alnus glutinosa
  • Ontano bianco, Alnus incana
  • Pioppio bianco, Popolus alba
  • Pioppio tremlo, Populus tremula
  •  Corbezzolo, Arbutus unedo
  • Fillirea, Phyllirea latifolia
  • Agrifoglio, Ilex aquifolium
  • Terebinto, Pistacia terebinthus
  • Lentisco, Pistacia lentiscus
  • Gelso nero, Morus nigra
  • Gelso bianco , Morus alba
Leggende:
                    LA CONDANNA DI PILATO

Ci fu un tempo in cui Ponzio Pilato era procuratore di Giudea ricco e spavaldo, poi, secondo la tradizione, condannò Gesù Cristo come ribelle ed il verdetto fu la crocefissione, concludendo poi il suo atto con il gesto di lavarsi le mani (atto conclusivo al termine di un giudizio secondo l'iter processuale romano, che però rimase nei secoli ad intendere il più asettico comportamento di chi non ne vuole sapere nulla, non prendendo posizione; ignavo).
Poi il generale Tito conquistò definitivamente la Giudea pacificandola dai ribelli
e, tornando in trionfo a Roma, portò con sè oltre a molti tesori e schiavi anche un vecchio, solo e ammalato....era proprio lui...Ponzio Pilato caduto ormai in disgrazia...
Prima di morire (secondo alcuni condannato a morte dall'imperatore stesso e fatto giudicare da una plebe sanguinaria come contrappasso al suo atto contro Gesù, secondo altri morto ormai di stenti e di vecchiaia), chiese che il suo corpo esanime fosse lasciato sopra un carro trainato da bufali e lasciato alla sorte.
Vespasiano Imperatore concesse la grazia e così una volta morto furono eseguite le sue volontà.
I legionari frustarono i bufali che presi da un furore mai visto prima iniziarono a correre come ossessi, come se volessero liberarsi al più presto di quel peso maledetto dal cielo, così intrapresero una corsa selvaggia travolgendo ogni cosa sbarrasse loro il cammino.
L'imperatore chiese ad alcuni pretoriani di far seguire il carro per vedere dove andasse a riposare il corpo del fu Ponzio Pilato.
I bufali intrapresero con piglio deciso la via ovest fin su i monti Sibillini, luoghi da sempre magici, con tale furia che a stento i cavalieri riuscirono a seguirli, da lì presero un costone spoglio e sassoso che oggi si chiama Passo Cattivo, per le asperità del terreno e per le tragedie che da lì a poco si sarebbero verificate, i bufali continuarono il loro folle gesto fino ad arrivare ad una rupe, un attimo esitarono.....e poi..... giù nella voragine dove in fondo c'era un laghetto le cui due lenti assomigliano a due occhi di serpenti...i corpi degli sfortunati animali iniziarono subito a decomporsi mentre il feretro di Pilato cadde nello specchio d'acqua, che iniziò a ribollire, più volte il corpo si inabissò e più volte ritornò a galla, come se neanche le acque potessero accettare quell'enorme fardello toccato loro dalla sorte.
Alla fine il turbinio delle acque terminò facendo sparire nell'abisso del lago il corpo di Pilato ma lasciando per sempre quelle acque tinte del rosso del suo sangue.......
L'unico pretoriano che che era riuscito a superare tutte queste difficoltà in tempo per assistere a tale orrore non riuscì a muoversi nè a respirare, quando tutto terminò e volle tornare indietro per raccontare cosa fosse accaduto non potè più farlo... era divendato una roccia, un guardiano di pietra ancora oggi Pietra del Gendarme ad imperitura custodia dei laghi di Pilato.......
Foce di Montemonaco
vista dalla cresta della Sibilla